Dott. ENRICO LOMBARDI
Psicologo Psicoterapeuta Milano
EFFICACIA TERAPIA BREVE
Durata media del trattamento di 8-10 sedute, senza l’uso di alcun tipo di farmaci.
Percentuali di successo*:
* Brief Strategic Theraphy
Se avete fatto una ricerca online vi sarete accorti che esistono centinaia di modelli psicoterapeutici differenti che si sono sviluppati nell’arco di un secolo.
Ognuno di questi tende a porsi quale il migliore, svalutando gli altri e citando una serie di studi in letteratura che confermano la bontà del proprio metodo e modello teorico a scapito degli altri.
I diversi orientamenti teorici/metodologici hanno da sempre un atteggiamento di superiorità, disprezzo e rifiuto nei confronti delle altre culture terapeutiche, contendendosi il primato della “migliore terapia possibile”: per esempio, la psicoanalisi è da sempre in contrasto con la terapia cognitivo-comportamentale per l’enfasi posta sui processi inconsci, mentre la terapia cognitivo-comportamentale considera primari gli schemi cognitivi e comportamentali nella genesi e nel trattamento dei disturbi, rispetto alla terapia psicoanalitica.
Come in un confuso bazar dove ogni venditore cerca di imbonire i possibili acquirenti, il paziente rimane spesso disorientato e confuso, senza oltretutto avere le competenze tecniche e una laurea in psicologia per potersi fare un’idea propria.
Ma come fare quindi a scegliere?
Quale modello psicoterapeutico sarà il migliore per me?
E quale il più efficace?
Innanzitutto va chiarito che nonostante i modelli psicoterapeutici siano centinaia, in realtà spesso si discostano tra loro per dettagli sostanzialmente trascurabili e possono essere ricondotti a due sole correnti principali: gli approcci psicoterapeutici di derivazione psico-analitica e quelli confluiti nell’approccio cognitivo-comportamentale.
Troverete online molteplici siti che citano studi da ambo le parti per dimostrare che il proprio filone è il migliore, ma nessun modello terapeutico può da solo affrontare adeguatamente la vasta gamma di problemi e disturbi presentati dai pazienti nella loro totalità: ognuno utilizza delle tecniche terapeutiche che funzionano meglio per alcuni disturbi, mentre per altri disturbi sono più efficaci quelle usate da altri modelli terapeutici.
Allo stesso modo di come in ambito medico non esiste un solo trattamento terapeutico risolutivo per ogni disturbo esistente, anche in ambito psicologico occorrerebbe avere l’onestà intellettuale di ammettere che ogni disturbo ha un approccio terapeutico di elezione che funziona meglio, in minor tempo e che si presta al minor rischio di ricadute rispetto ad altri.
A partire dagli anni ’30 il rapido affermarsi di un numero sempre crescente di scuole di psicoterapia e il conseguente fallimento di ognuna nello spiegare l’intera gamma dei disturbi psicopatologici e di cura, determinarono la nascita dei primi contributi nel promuovere un’integrazione tra differenti correnti di pensiero e tecniche terapeutiche.
L’integrazione tra psicoterapie può essere definito quindi come “Il tentativo di oltrepassare i confini di ogni singolo approccio per comprendere cosa può essere appreso da altre prospettive” (Stricker, 1994).
La Psicoterapia Breve Integrata nasce dalla constatazione che l’utilizzo delle molteplici tecniche psicoterapeutiche oggi esistenti, non possa dipendere dalla personale formazione del terapeuta, ma debba essere modulato sulle specifiche caratteristiche del paziente e sulla natura del problema che lo affligge.
La possibilità per il terapeuta di avere a disposizione diverse tecniche e strategie d’intervento, mutuate da differenti orientamenti teorici, gli consente di avere a disposizione più strumenti per aiutare il paziente a superare e affrontare i problemi in modo efficace. In tal modo quindi l’attenzione viene posta sulle specifiche caratteristiche del soggetto nonché sul suo problema e la terapia che ne deriva utilizzerà le tecniche più idonee a soddisfare i suoi bisogni, come fosse un abito sartoriale su misura.
In particolare sarà possibile utilizzare quelle tecniche terapeutiche derivanti dal modello psicoanalitico e dal modello cognitivo-comportamentale che risultano più efficaci, secondo la moderna letteratura scientifica, per rispondere ai bisogni specifici del paziente. Sono infatti sempre di più negli ultimi decenni gli studi internazionali che si pongono come obiettivo quello di promuovere delle linee guida in grado di indicare per ogni particolare disturbo il trattamento di elezione, ovvero il trattamento che ha dimostrato un’efficacia empirica mediante studi controllati randomizzati.
Non esistono infatti trattamenti efficaci “in generale”, ma solo in riferimento a specifici disturbi/problemi, quindi più conoscenze e strumenti tecnici lo psicoterapeuta possiede, più il suo lavoro acquisisce qualità ed efficacia.
Ad esempio la Psicoterapia Cognitivo-comportamentale, affiancata durante la fase acuta del disturbo alla farmacoterapia, è risultata di provata efficacia per quanto concerne la cura e il trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore (American Psychiatric Association, 2010). Questo significa che per questo particolare disturbo l’efficacia di altri trattamenti non è stata ad oggi sostenuta da adeguate evidenze scientifiche e che quindi utilizzare altri trattamenti può risultare inutile nella migliore delle ipotesi o addirittura dannoso per il paziente che non curando il disturbo rischia di cronicizzarlo.
Riguardo invece alle Psicoterapie Psicoanalitiche, solo per citare un esempio, hanno mostrato un’efficacia maggiore, ad esempio, nel trattamento di alcuni Disturbi di Personalità (Shedler J., “The Efficacy of Psychodynamic Psychoterapy, American Psychological Association, 2010).
Il punto non è quindi “quale psicoterapia è più efficace”, bensì “quale psicoterapia per un certo problema, in una certa situazione e per una determinata persona può funzionare e avere maggiore efficacia delle altre”.
La stessa persona inoltre, in momenti diversi del percorso psicoterapeutico, può beneficiare di orientamenti terapeutici diversi, cioè da modelli, approcci e tecniche di differenti correnti teoriche.
In base quindi alla tipologia del problema presentato e alle caratteristiche della persona che ho di fronte, valuto e condivido, la modalità di intervento più opportuna, mediata dal filone delle psicoterapie cognitivo-comportamentali brevi o da quelle psicodinamiche a medio o lungo termine, talvolta usandole congiuntamente con lo stesso paziente durante il percorso terapeutico.
Mentre gli studi di efficacia proseguono e la ricerca segue il suo corso, vorrei quindi invitare il paziente che si presenta in studio da uno psicoterapeuta a chiedere direttamente al professionista quale sia il suo approccio di riferimento nella pratica clinica, esprimendo eventuali dubbi, perplessità o curiosità in modo da poter fare una scelta consapevole riguardo al proprio benessere e alla propria salute.
Sempre di più quindi, lo sforzo per ogni professionista della salute mentale e del benessere dovrà essere quello di “uscire” dall’isolamento del proprio studio e aggiornarsi rispetto ai nuovi risultati della ricerca per riuscire a distinguere l’essenziale dal superfluo e offrire al paziente la possibilità di raggiungere il massimo dei risultati con il minimo dispendio di energie, tempo e denaro.
Orientarsi nella scelta di uno psicoterapeuta conoscendo i modelli di riferimento e gli studi di letteratura non basta perché qualsiasi approccio terapeutico, qualunque metodo o tecnica adottata necessitano per poter essere efficaci del rapporto di fiducia col terapeuta.
La scelta dello psicoterapeuta infatti, oltre agli aspetti di competenza tecnica e professionale, deve anche considerare le caratteristiche umane e relazionali del professionista, indispensabili per poter veicolare l’aiuto richiesto al paziente.
Dopo i primi colloqui chiedetevi quindi se vi siete sentiti ascoltati in modo genuino e interessato, se eravate a vostro agio, se il terapeuta vi ispirava calma e fiducia, se vi siete sentiti accolti in un’atmosfera non giudicante.
Qualsiasi psicoterapia non può prescindere oltre alle tecniche, dalla relazione terapeutica che in quanto relazione, ancorché professionale, deve potervi ispirare fiducia.
IL FOCUS
L’approccio psicoterapeutico breve si distingue per interventi mirati ed efficaci grazie all’iniziale processo di valutazione diagnostico, finalizzato al reperimento di un obiettivo condiviso col paziente (focus): nei primi 3/4 incontri infatti vengono raccolte le informazioni necessarie per costruire insieme un progetto di intervento che preveda obiettivi, durata e frequenza. In particolare, con la valutazione si definisce il problema specifico e si valutano le spinte al cambiamento e le difficoltà che lo ostacolano. La possibilità di condividere fin dall’inizio col paziente il problema, unitamente all’obiettivo che ci si propone di perseguire, permette allo stesso di raggiungere una consapevolezza riguardo agli elementi e alle modalità che hanno creato e mantengono un ostacolo che gli impedisce di promuovere un cambiamento soddisfacente nella propria vita.
LA DURATA
La durata della terapia è stabilita in seguito alla valutazione iniziale e viene condivisa col paziente. Naturalmente non è un limite imposto rigidamente, ma una previsione verosimile del tempo necessario per raggiungere gli obiettivi prefissati e condivisi col paziente. La consapevolezza di una durata limitata e del tempo che passa, facilita l’attivazione di tutte le risorse disponibili nel paziente e rinforza la sua indipendenza e autostima. Una volta raggiunto il limite di tempo prefissato viene fatto insieme al paziente un bilancio del percorso terapeutico, decidendo se interrompere gradualmente la terapia oppure se eventualmente proseguire riformulando ulteriori nuovi obiettivi. In proposito esiste un’ampia rassegna di studi clinici randomizzati che include anche studi di efficacia nella pratica, che indica che sono sufficienti dalle 12 alle 18 sedute per ottenere il miglioramento di almeno il 50% dei pazienti (Lutz, Lowry, Kopta, Einstein e Howard, 2011).
IL RUOLO DEL PAZIENTE
Il terapeuta ha un ruolo attivo e il paziente risulta attore partecipe per promuovere un cambiamento. Fin dall’inizio infatti il terapeuta fornisce al paziente il sostegno, l’incoraggiamento e i mezzi per affrontare e superare i problemi, evitando lo sviluppo in lui di un atteggiamento passivo, a favore di una relazione interpersonale di partecipazione. Il paziente quindi non è mai dipendente e passivo, ma sviluppa capacità, pensieri e nuove strategie divenendo così il terapeuta di sé stesso.
IL TEMPO PRESENTE
L’intervento terapeutico è rivolto essenzialmente al tempo presente, né al passato in quanto non più fruibile né modificabile e neppure al futuro che contenendo speranze o aspettative, ma non certezze, origina sensi di insicurezza. La dimensione del passato viene utilizzata limitatamente a ciò che serve per capire le cause dei trascorsi insuccessi e il futuro viene considerato solo in quanto la realizzazione dei bisogni comprende inevitabilmente la dimensione della progettualità. L’intervento quindi è rivolto a mettere in contatto il paziente con i propri bisogni e le proprie risorse che esistono al momento presente e su cui è possibile intervenire promuovendo un cambiamento.