“Come terapeuta mi sono reso conto negli anni che molte persone considerano l’amore un legame ideale, immutato nel tempo e connotato da caratteristiche di perfezione. La conseguenza di ciò è che quando inevitabilmente avvengono dei cambiamenti, invece di considerarli come una fisiologica evoluzione del legame, ancorché a volte complicata, viene messo in dubbio direttamente il legame stesso.“
Ad esempio quando l’affetto per l’altro che è un sentimento e quindi risultato di un’emozione ripetuta nel tempo nei confronti di un’altra persona, non coincide più con l’attrazione dei primi tempi, nella quale prevalgono risposte emotive non ancora consolidate in un sentimento, alcune persone chiudono le relazioni perché passata la fase di innamoramento iniziale.
O ancora quando a distanza di tempo uno soltanto dei due partner ha proseguito nel suo processo di maturazione individuale e di coppia, mentre l’altro è rimasto ancorato a dinamiche precedenti, il risultato è quello di non riconoscersi più (“mia moglie è cambiata”, “Non riconosco più mio marito”).
Anche attraversare quelle fasi di vita con relativi significativi cambiamenti (andare a vivere insieme, il matrimonio, la nascita di un figlio, ecc.) può rappresentare un momento di forte crisi in cui alcune coppie non riescono a trovare il modo di adattarsi con soddisfazione ai compiti evolutivi delle specifiche fasi del ciclo di vita.
Le coppie di qualsiasi età possono incontrare lungo il loro percorso, diverse problematiche. Non è sempre scontato rendersi conto di quello che accade, poiché spesso si è assorbiti da altri pensieri o dalle semplici difficoltà quotidiane, ma riconoscere di avere dei problemi è sempre il primo importante passo verso la risoluzione.
Il passaggio dalla fase di innamoramento alla scelta di un rapporto più duraturo e stabile comporta necessariamente il superamento di momenti di crisi: scegliere un partner comporta infatti inevitabilmente la separazione da alcune parti di noi. L’incontro con quell’altra parte del nostro mondo interno, che prima ignoravamo, e la progressiva attenzione del partner ad alcune parti di noi che inaspettatamente vengono valorizzate o attaccate e criticate, ci spingono inevitabilmente, pena la fine della relazione e la perdita di un’occasione importante per imparare qualcosa su di noi, a riorganizzare e ricostruire l’immagine che abbiamo di noi stessi.
Superata la fase di innamoramento il rapporto subisce, nel migliore dei casi, una trasformazione, ricomponendosi in modo tale che ciascuno abbia una visione più integrata di sé, separato dall’altro (Freud, 1921).
La consuetudine alla vita in comune porta infatti alla costruzione di un clima di intimità che permette di tollerare sia la fine dell’idealizzazione tipica della prima fase di innamoramento sia la fine delle dinamiche di coinvolgimento e separazione. Il sentimento di intimità, che è la consapevolezza della disponibilità affettiva reciproca all’interno della relazione, è infatti fortemente ancorato al senso di appartenenza reciproco e si esprime in regole condivise che tengono conto di compiti reali e ruoli derivanti anche dal contesto sociale e culturale di appartenenza.
INTIMITÀ
L’intimità si costruisce e viene mantenuta attraverso un monitoraggio affettivo reciproco (Norsa e Zavattini, 1997), cioè grazie a un continuo processo di “scannerizzazione” dei propri stati interni e di quelli del partner: questo continuo processo di verifica e ricerca di sintonizzazione lascia spazio a conferme, ma anche a revisioni e riparazioni delle proprie aspettative.
Da questo punto di vista tutti quei micro-agiti (regole, abitudini, routine, modalità tipiche di comunicazione) che caratterizzano l’assetto stabile della relazione di coppia, veicolano comunicazioni significative leggibili all’interno della storia di coppia e dei significati condivisi. Questi piccoli eventi quotidiani hanno il potere di risvegliare rappresentazioni interne individuali di eventi con un particolare scenario affettivo e permettono a ciascun partner di rielaborare, attraverso la relazione, le varie rappresentazioni di “sé con l’altro” che alimentano il senso di identità soggettiva.
COMPLICITÀ
La complicità che si stabilisce tra i partner inoltre offre l’opportunità di usare l’altro come estensione del sé, nel senso che stare in coppia permette di continuare quel processo di svincolo da certi aspetti di sé identificati con alcuni modelli familiari criticati o rifiutati, e allo stesso tempo permette di definire meglio altri aspetti di sé collegati ai modelli della famiglia di origine che invece si vuole conservare e approfondire in accordo con la scelta del partner.
AFFETTO e ATTRAZIONE
Come ogni relazione quindi, anche quella fra due fidanzati o coniugi si modifica inevitabilmente nel tempo, e gli aspetti di affetto (fondamentalmente lo stesso sentimento che si prova per le altre persone significative della propria vita) e l’attrazione sessuale (che solitamente è alla base della formazione della coppia) non procedono di pari passo: possono persistere entrambi col passare del tempo o solo uno di essi può rimanere vivo.
PROGETTUALITÀ
L’amore include anche una dimensione di progettualità: quando si crea un legame si pensa al futuro insieme all’altra persona, che si tratti di formare una famiglia o di trascorrere insieme gli ultimi anni della propria vita.
L’amore è infatti un sentimento esclusivo: “amare” più persone è possibile, ma si realizza generalmente un amore parziale per caratteristiche diverse di queste persone e quindi una forma di legame parziale, non maturo, che soddisfa la persona che non sa rinunciare a nulla e pensa di risolvere la propria ricerca di perfezione amando più soggetti che si completano a vicenda.
QUANDO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE UNA TERAPIA DI COPPIA?
Quando si pensa a come superare una crisi di coppia, difficilmente si mette in conto di rivolgersi a uno psicoterapeuta. Spesso la ragione risiede nella scarsa fiducia verso questo tipo di terapia o nella preoccupazione delle spese che comporterebbe un lungo percorso terapeutico in cui si teme di iniziare senza vederne più la fine.
Per capire se la terapia di coppia serva effettivamente al miglioramento della relazione, è importante stabilire se le criticità nell’interazione col partner sono saltuarie o ripetute.
L’autorevole psicologo americano John Gottman identifica quattro atteggiamenti principali che generano disfunzionalità nella coppia:
- Critico: quando si critica l’essenza stessa di una persona, anziché le sue azioni.
- Disprezzo: quando si disprezza in maniera esplicita o velata i comportamenti del partner (la causa può essere anche un trauma subito).
- Tenersi sulla difensiva: essere criticati e disprezzati può portare a un atteggiamento difensivo che si traduce nel sentirsi soli e lontani dall’altra persona.
- Ostruzionismo: chiudersi e ostacolare il fluire delle comunicazioni col partner conduce a delle difficoltà che risultano difficili da superare se protratte a lungo.
Questi atteggiamenti, se si verificano saltuariamente rientrano nella norma delle dinamiche relazionali. In quei casi la psicoterapia di coppia potrebbe essere superflua. Diventa invece una scelta da prendere in considerazione nel momento in cui uno o più dei quattro atteggiamenti diventa ripetuto o cronico.
Al di là di questi campanelli d’allarme, i motivi principali per cui le coppie hanno bisogno di iniziare una terapia riguardano questi fattori:
- Mancanza di dialogo/comunicazione
- Problemi di origine sessuale/tradimenti
- Divergenze sull’educazione dei figli
- Mancanza di fiducia/stima nel partner
- Intrusività di una o entrambe le famiglie di origine
QUANTO DURA LA TERAPIA DI COPPIA?
Non c’è una media del numero di sedute necessario a superare una crisi di coppia. Nei casi migliori, la situazione può risolversi dopo poche sedute, in quelli più complicati sono richiesti anche mesi per risolvere completamente le problematiche all’interno della coppia.
COSA POSSO FARE PRIMA DI RIVOLGERMI A UN TERAPEUTA?
Se le dinamiche relazionali non sono ancora particolarmente compromesse, la coppia può trarre spunto da approcci e tecniche attualmente in uso nella pratica clinica di coppia:
- Imparare ad ascoltare l’altra persona, cercando di coltivare l’empatia, ovvero il mettersi nei panni dell’altro;
- Non dare il partner “per scontato”;
- Non avere la pretesa di essere identici e sempre d’accordo su tutto;
- Mantenere contatti intimi basilari come abbracci e baci;
- Essere onesti nei propri confronti e verso il partner;
- Smetterla di concentrarsi sul voler avere ragione e concentrarsi sulle ragioni dell’altro;
- Creare del tempo esclusivamente dedicato alla coppia;
- Non partire dalla convinzione di sapere tutto del proprio partner.
Queste semplici indicazioni, per quanto generiche, permettono di fuoriuscire dalla maggior parte delle situazioni di stallo e di concentrarsi sugli aspetti positivi che la coppia ha da offrirsi, focalizzandosi sulle risorse e non sui limiti.
Trattamento: quando invece le dinamiche disfunzionali di coppia sono cronicizzate nel tempo e/o le persone sono eccessivamente coinvolte rigidamente nel proprio ruolo disfunzionale di attori del conflitto conviene rivolgersi a un professionista.
Prima di iniziare una terapia di coppia effettuo una valutazione globale, attraverso colloqui individuali e di coppia, di quelle che sono le problematiche presentate dalla coppia.
Successivamente vengono definiti gli obiettivi che la coppia vorrebbe raggiungere attraverso il percorso terapeutico ed infine propongo l’intervento psicologico più adeguato rispetto al disagio presentato e alle esigenze della coppia.
Durante la terapia di coppia, i partners hanno la possibilità di discutere e confrontarsi con le proprie problematiche relazionali affinché vi possa essere maggiore comprensione e consapevolezza, di apprendere modalità comunicative, sessuali, emotive e affettive più adeguate ed infine di comprendere e accettare il partner così come le differenze esistenti tra di loro.
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